Fiaba Piccolo Borghese n.4

L'alcolismo femminile è una piaga che si può debellare.

C’era una volta una piccola bambina di nome Cappuccetto Rosso, che doveva portare un cestino di bevande e cibo alla nonna ammalata.

La mamma le disse di non andare nel bosco e di tenersi sulla strada, soprattutto perché sulla strada al km 23 avrebbe trovato un bel negozio Conpibel, e siccome era stagione di saldi, Cappuccetto Rosso avrebbe fatto tanto bene a cambiare finalmente quell’orrido soprabitino rosso, e comprarsi chessò un bel completino, un soprabitino, un gilerino nuovo, e difatti Cappuccetto Rosso non scelse la strada del bosco, si tenne sulla statale, e al km 23 trovò l’outlet Conpibel, parcheggio non ce n’era perché era stagione di saldi e “tutto il mondo” aveva avuto la sua stessa idea, un casino di gente che non ti dico, e quindi fece marcia indietro, passò per il bosco, incontrò il lupo, etc etc etc.

(Che, se quelli della Conbipel avessero fatto un parcheggio più grosso, tutto quello che seguì non sarebbe successo, e il lupo sarebbe ancora vivo e vegeto).

Fiaba Piccolo Borghese n.3

Questa è la mia Singer. Ce ne sono tante come lei, ma questa è la mia. La mia Singer è la mia migliore amica, è la mia vita. Io debbo dominarla come domino la mia vita. Senza di me la mia Singer non è niente; senza la mia Singer io sono niente.

C’era una volta una piccola ragazza che tutti chiamavano Cenerentola, e che le sorellastre tenevano reclusa in casa, costretta a fare le pulizie e tutte le faccende, anche le più pesanti.

In questo modo le due sorellastre risparmiavano i soldi della colf, perchè anche prendendola in nero comunque era una spesa. I soldi così risparmiati li spendevano tutti in antirughe e liposuzioni ristrutturanti.

Cenerentola ad un certo punto avrebbe dovuto in contrare una Fata, ma era troppo povera, davvero troppo povera, l’hashish per un bel trip non se lo poteva permettere, quindi Cenerentola non vide nessuna fata.

Fiaba Piccolo Borghese n.2

Insaponarsi che goduria!

C’era una volta…
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
E difatti c’era questo vecchio falegname, maestro Giliegia, che trovò questo pezzo di legno, e siccome aveva tanto freddo lo prese e lo gettò nel caminetto, e quel pezzo di legno prese fuoco, e una vocina prese a urlare “aiuto aiuto scotta scotta ahia brucio aiutoooo!”, ma maestro Ciliegia era quasi sordo, non aveva l’apparecchio acustico perchè da libero professionista non aveva mutua, e lui era povero e viveva solo con i pochi proventi di un lavoro autonomo dissanguato da tasse, contributi, balzelli e Studi di Settore, e poi IVA IRAP (che alla fine non gliela avevano tolta nonostante le mille promesse), e poi i contributi, l’INAIL, la TELECOM, la TARSU, sti quattro ladri che ci governano, e tutta un’altra serie di decime e imposte e addizionali comunali regionali che, a detta delle associazioni di categoria, dissanguano l’artigiano e la piccola impresa, vera Spina Dorsale dell’Economia Nazionale e Motore Produttivo del Paese etc etc etc sostazialmente in conseguenza di tutto ciò insomma quindi: maestro Ciliegia non aveva l’apparecchio acustico, non sentì il piccolo pezzo di legno lamentarsi mentre bruciava, e quando il pezzo di legno parlante si consumò del tutto nella bottega di maestro Ciliegia calò nuovamente il silenzio.

(Il Gatto e la Volpe sono ancora lì che aspettano seduti all’Osteria del Gambero Rosso, tamburellando nervosamente sul tavolaccio, chiedendosi: “Ma che fine ha fatto quello stupido burattino? A quest’ora doveva essere già arrivato da un pezzo! Noi qui abbiamo fame!”)

Fiaba Piccolo Borghese n.1

Che bello!C’era una volta, in un magnifico e alto castello, una principessa bellissima che viveva reclusa in un’alta torre; un enorme drago la teneva prigioniera, e la principessa aspettava un Principe Azzurro che la venisse a liberare.

Lì vicino c’era un piccolo paese, dove viveva un principe azzurro; essendo bamboccione, viveva a 40 anni con i genitori; sentita la storia della povera principessa prigioniera, al principe azzurro prese l’uzzolo di andare a liberarla, e poi uccidere il drago, e poi sposarla, e poi andare a vivere in un castello, e poi vivere felici e contenti per il resto dei loro giorni, e cose così.

Ma i genitori del principe azzurro, appena ebbero sentore di quello che passava per la testa a quell’imbecille del loro figlio, cominciarono a dirgli di lasciar perdere, che lui i draghi non sapeva neanche com’erano fatti, che doveva fare attenzione ai colpi di caldo (e, si sa, che i draghi di caldo ne fanno eccome!), che alla sua età loro si erano già trovati un lavoro serio, altro che andare in cerca di draghi, e che per esempio perchè il principe non si sposava con la figlia del banchiere del paese, che poi così ci scappava pure che il suocero lo sistemava in banca a fare un lavoro sicuro, ben retribuito e dal futuro certo? E poi, le prospettive di carriera non erano niente male. Certo, la figlia del banchiere era un po’ bruttina, ma era lì, a portata di mano, non c’era mica bisogno di salire sul cavallo, che poi, al giorno d’oggi, lo sai quanto costa mantenere un cavallo? Con quello che costa la biada! E poi, benedetto figlio mio, e l’armatura? Ma hai idea di quel che costa un’armatura? Qui campiamo solo con la pensione del tuo babbo, la mia pensione d’invalidità, gli affitti degli alloggi, dei campi, il ricavato della stalla, delle uova, le decime dei fittavoli, tuo padre fa anche un po’ l’usuraio per  arrotondare, sì è vero qualche cosa da parte ce l’abbiamo, poveri non siamo, ma al giorno d’oggi non si può mai sapere, con quello che si sente in giro!, le disgrazie fanno in fretta ad arrivare, e allora i soldi non bastano mai!, e tu, figlio ingrato, vuoi andare a metterti nei guai con i draghi, le principesse, etc etc etc, e così sperperare il poco di sostanze che io e tuo padre abbiamo messo insieme con tanti sacrifici! Per non parlare della spada: sì, è vero, la spada del nonno ce l’avresti anche, ma bisogna farla affilare, e poi revisionare, omologare, certificare e disinfettare con i raggi gamma, e sai che il fabbro sotto casa non è molto conveniente, bisogna portarla in città, dove magari riusciamo pure a fare tutto in nero senza fattura, ma comunque anche lì son soldi! Ma tu credi che i quattrini noi li abbiamo trovati sugli alberi! Figlio mio, hai quarant’anni, devi pensare al tuo futuro, devi farti una famiglia, altro che frottole, e pensa un po’ a mettere dei soldi da parte, che non si sa mai come vanno le cose, un domani!

Il principe azzurro ci pensò, e pensa che ti ripensa, e ripensa, e rimugina che ti rimugina, e alla fine decise di, massì, tuttosommato sposarsi con la bruttina figlia del banchiere, ha ragione la mamma, e pazienza per la principessa, che se la mangiasse pure il drago.

E così il principe azzurro divenne Capo Cassiere alla banca del paese: sfilava in centro paese con un bel cavallo lucido e turbocompresso con ESP, la sua banchierina gli diede tanti bei figlioletti (tutti futuri Cassierini), che i nonni si spupazzavano sulle vegliarde ginocchia; ogni tanto perfino andavano in gita a Gardaland, vivendo tutti felici e contenti.

(Vabè, tutti felici tranne la principessa, ovviamente. E’ ancora lì che strilla “Aiuto, aiuto, aiuto!” Che secondo me, basta che chiama Striscia la Notizia, che il problema è risolto. Quanto la fa lunga.)