Non pensava che sarebbe finita in quel modo, in quel vicolo oscuro che sapeva di piscio e di spazzatura, in quella notte dal cielo lontano e sfilettato come un branzino, e tutta quella pioggia che cadeva bagnata e liquida, e lui accoltellato e derubato e lasciato a morire per terra come un cane, solo che i cani non portano i portafogli e quindi difficilmente li derubano, porci maledetti, e nessuno che passi e si fermi, nessuno per strada sotto la pioggia battente eh?, carogne, passasse almeno un ghisa, eh, ma è così, quando serve un vigile non c’è mai saltano fuori solo per fare le multe, ed è proprio così che finisce, lui che si tiene le trippe mentre quelle grondano sangue che va via nella pioggia, e il suo più grande rimpianto non fu quello di non poter più vedere la sua Nora, no, e non fu neanche il dispiacere infinito di non rivedere neanche una volta sua figlia che ormai era lontana chissà dove, e il suo più grande rimorso non era neanche quella volta che aveva picchiato suo padre ormai vecchio e indifeso, no, e neanche i lunghi anni di carcere e la gamba amputata e l’occhio di vetro e tutto quel sangue che scorreva via giù nel tombino che avrebbe potuto donarlo per le trasfusioni, no, neanche quello era il suo rimpianto più grande: il suo rimpianto più grande era un dolore cupo e sordo che aveva lì, dove finisce il cuore e comincia l’intestino tenue, era il dolore assoluto e definitivo della consapevolezza piena di non aver mai potuto contribuire in modo adeguato alla crescita del PIL.
Categoria: economia pervasiva
Panino al PIL n.2
“Ed infine il Principe sposò la Principessa, andarono a vivere in un bel castello tutto dorato, e vissero felici e contenti per tanti anni, contribuendo di giorno in giorno alla crescita del PIL.”
“Che bello papà! Che bello!”
“Tì è piaciuta la favola?”, chiese il babbo, chiudendo il libro.
“Siiiii, bella, poi è bella perché poi alla fine fanno crescere il PIL, che è bello far crescere il PIL! Lo dice sempre tanto anche la maestra!”
“Eh, già, Saretta mia, tutti dobbiamo far crescere il PIL: siamo al mondo per questo!”
“E’ proprio una bella fiaba, papà: domani sera me la leggi ancora?
“Sì, Saretta, ma adesso facciamo ninna, va bene?”
“Sì, papà. Adesso ninna.”
La figura paterna spegne la luce, e si avvia fuori dalla cameretta.
“Papà! Papà! Devo chiederti una cosa!”
“Che cosa, amore mio? E’ tardi, dai, prendi sonno!”
“Papà, papà, ma, se dormo, quando dormo, come faccio a far crescere il PIL se non faccio niente?”
“Non ti ti preoccupare, dai, ci pensi domani mattina.”
“Ma papà, io voglio, io voglio far crescere il PIL anche di notte!”
“Allora fai così: stanotte ti fai la pipì a letto, ma tanta eh!, così poi la mamma domani deve lavare le lenzuola, consuma tanta acqua e energia e detersivo, l’economia gira e tutti sono più contenti. Va bene?”
“Sì, papà, allora stanotte quando mi scappa, faccio tanta pipì nel letto, va bene?”
“Sì, amore mio, però adesso dormi. Notte notte!”
“Notte notte, papà!”
Panino al PIL n.1
In un interno familiare, il babbo in canotta, la mamma che cucina la panatina col microonde, la cena con la televisione accesa sul TG1.
D’improvviso, vassapere cosa ha sentito dalla tivù, il piccolino di 5 anni esclama: “papà papà papà, io da grande voglio far crescere il PIL!”
Il padre dapprima non capisce, poi si ricorda che “la crescita del PIL” è quella cosa che ne parlano sempre al tiggì, quindi deve essere importante e bella, e quindi si alza e, tutto unto si sudore, abbraccia commosso il figlio. La mamma, piange.
E poi la figura paterna si rivolge, severa, alla più piccolina di 1 anno issata sul seggiolone: “e tu quanto aspetti a mettere giudizio? Prendi esempio da tuo fratello”. Per tutta risposta, la piccola bimba vomita.