Cheeseburger Doppio n.6

Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato nel suo letto in un enorme cheeseburger.

 

D: franz kafka mangiava il cheeseburger?

ChatGPT: Non ci sono informazioni storiche specifiche riguardo alle preferenze alimentari di Franz Kafka, poiché non sono registrate dettagliatamente nella sua biografia o nelle sue opere. Tuttavia, è noto che Kafka proveniva da una famiglia ebrea di lingua tedesca, e la cucina ebraica tradizionale non includeva cheeseburger, poiché il consumo di carne di manzo e latticini insieme non è consentito secondo le leggi dietetiche ebraiche (kasher).

Inoltre, Kafka è spesso descritto come una persona dall’aspetto fragile e sofferente, con una salute precaria, e non sembrava interessato particolarmente al cibo o alla gastronomia. Quindi, è improbabile che mangiasse cheeseburger o che avesse abitudini alimentari particolarmente elaborate.

(Immagine: “portrait of old fat franz kafka eating a cheeseburger”, Copyright © 2024 PicFinder.ai All rights reserved)

Cheeseburger Doppio n.2

Italo Calvino, come David Lynch, sceglieva le location dei suoi romanzi e racconti in modo tale che ci fosse un McDonalds nel giro di dieci miglia.

Palomar si trovava seduto al bancone di un diner, fissando con uno sguardo intenso il suo cheeseburger. Era una serata calda, e la luce al neon del diner colorava tutto di un tono giallo pallido. Palomar era un osservatore del mondo, un uomo che si chiedeva costantemente il significato delle cose, anche di un semplice cheeseburger.

Il suo sguardo si posò prima sul pane, morbido e leggermente tostato. Pensò alla sapienza del panettiere che sapeva come creare la giusta consistenza per far sì che il panino fosse solido ma non troppo denso. Poi si concentrò sul formaggio fuso, che si stendeva dolcemente sulla carne. Era come un abbraccio caloroso, un’armonia di sapori e consistenze.

Ma la carne era la protagonista indiscussa. Palomar contemplò il suo aspetto succulento e saporito. Si chiedeva da dove provenisse quella carne, che storie portava con sé. Era forse parte di una mucca felice che pascolava in una verde distesa di campi, o faceva parte di un mondo più impersonale di macellazione industriale?

Un’inezia, forse, ma Palomar rifletteva sulla vita e sulla morte mentre osservava quel cheeseburger. Si chiese se avesse senso mangiare un essere vivente in questo modo, in un panino avvolto da carta argentata. Ma era affamato, e la carne sembrava deliziosa.

Poi vennero i condimenti: pomodori freschi, croccante lattuga e cipolla sottile. Ogni ingrediente aveva una sua storia, un suo viaggio per giungere su quel cheeseburger. Si chiese se anche loro fossero consapevoli del loro destino finale mentre crescevano e maturavano.

Palomar prese il suo primo morso e chiuse gli occhi. Il sapore esplose nella sua bocca, una sinfonia di sapori che danzavano insieme in perfetta armonia. Era un momento di pura gioia gastronomica, e Palomar non poteva fare a meno di sorridere.

Mentre continuava a mangiare il suo cheeseburger, Palomar si rese conto che, anche se poteva interrogarsi sul significato della vita e sulla moralità di consumare carne, c’erano momenti in cui dovevi semplicemente goderti il presente. Il cheeseburger era lì, sul suo piatto, una piccola gioia in un mondo complesso e enigmatico.

E così, Palomar terminò il suo pasto, sentendosi sazio e soddisfatto. Aveva forse trovato una risposta alle sue domande esistenziali? Forse no, ma aveva imparato a cogliere la bellezza e il piacere nei piccoli momenti della vita, anche in un semplice cheeseburger in un diner di periferia.

(Fatto con ChatGPT. Prompt: “scrivi un raccono sui cheesburger sullo stile di “Palomar” di Italo Calvino”.)

(Immagine: “Italo Calvino eating a cheesbuger at Burgerking”. Copyright © 2023 PicFinder.ai All rights reserved.)

(Proprio vero: ‘sta AI ti ruba il lavoro! L’intelligenza Artificiale ti uccide con l’onda!)

Cheeseburger Doppio n.1

Marcel Proust frequentava abitualmente il bistrot "Le Chat Bleu", dove facevano il miglior Cheesburger di Montmartre

Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di Coca Cola tiepida. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei panini imbottiti e paffuti, chiamati Cheeseburger, che sembrano una grossa pallina da baseball tagliata a metà con della schifezza dentro. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino della Coca nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto del Cheeseburger. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del panino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta ? Sentivo che era connessa col gusto della Coca e del Cheeseburger. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura. Da dove veniva ? Che senso aveva ? Dove fermarla ? Bevo una seconda sorsata, non ci trovo più nulla della prima, una terza che mi porta ancor meno della seconda. E tempo di smettere, la virtù della bevanda sembra diminuire. E’ chiaro che la verità che cerco non è in essa, ma in me. E’ stata lei a risvegliarla, ma non la conosce, e non può far altro che ripetere indefinitivamente, con la forza sempre crescente, quella medesima testimonianza che non so interpretare e che vorrei almeno essere in grado di richiederle e ritrovare intatta, a mia disposizione (e proprio ora), per uno schiarimento decisivo. Depongo la tazza e mi volgo al mio spirito. Tocca a lui trovare la verità…retrocedo mentalmente all’istante in cui ho preso la prima cucchiaiata di tè. Ritrovo il medesimo stato, senza alcuna nuova chiarezza. Chiedo al mio spirito uno sforzo di più…ma mi accorgo della fatica del mio spirito che non riesce; allora lo obbligo a prendersi quella distrazione che gli rifiutavo, a pensare ad altro, a rimettersi in forze prima di un supremo tentativo. Poi, per la seconda volta, fatto il vuoto davanti a lui, gli rimetto innanzi il sapore ancora recente di quella prima sorsata e sento in me il trasalimento di qualcosa che si sposta, che vorrebbe salire, che si è disormeggiato da una grande profondità; non so cosa sia, ma sale, lentamente; avverto la resistenza e odo il rumore degli spazi percorsi…All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di Cheeseburger che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nella sua tazzona fumante di Coca Cola calda…

(figura: “Old fat Marcel Proust eating a cheeseburger”, fatto con Pic Finder.ai. Copyright © 2023 PicFinder.ai All rights reserved.)