“In giornata è previsto il transito di qualche innocua velatura”. Quando il signor T. udiva quelle parole, si tranquillizzava immediatamente, e poteva andare a dormire.
Nonostante avesse l’aggiornamento in tempo reale delle condizioni meteo sul cellulare, nonostante in ufficio avesse innumerevoli link a siti web meteo che lo informavano di condizioni e previsioni, nonostante leggesse sul giornale le previsioni, avere l’ultima conferma del tiggì della sera che domani, per fortuna, sarà una giornata appena appena ottenebrata da qualche innocua velatura, ecco, questo lo faceva star bene.
(Ah, se solo ci fossero state più giornate con “il transito di qualche innocua velatura” nella sua vita! Le cose sarebbero andate diversamente. Stai sicuro. Si diceva, passandosi il filo interdentale. Pensa se quel giorno lì, invece del sole torrido, ci fosse stata qualche innocua velatura… ah, quanti rimpianti! Che vita porca schifa, che mi è toccato vivere!”)
Il signor T. passava molto del suo tempo a pensare al tempo, quello atmosferico. Sentiva che la sua giornata, la sua esistenza, la sua vita erano in balia del tempo (sempre quello atmosferico). Alla macchinetta del caffè, in ufficio, parlava del meteo. Sul treno, se incontrava qualcuno, discuteva di isobare e formazioni cumuliformi in prossimità dei rilievi. Non sopportava le formazioni nebbiose nei fondovalli, ed era estremamente apprensivo nell’apprendere, in autostrada, che c’erano banchi di nebbia lungo la tratta, e che era necessaria prudenza. Era ossessionato dalle formazioni cicloniche, non si fidava del phoen, e rifuggiva i mari leggermente mossi con moto ondoso in aumento alla fine del periodo.
Questa ossessione meteorologica lo teneva occupato permanentemente, e spesso gli regalava attimi di felicità, dove l’apprensione per l’instabilità degli eventi funesti lasciava il posto alla gioia per le previsioni esatte, per la scienza che prometteva benessere e calore, insomma le cose belle della vita: le temperature minime stazionarie lo proiettavano vicino alla felicità, gli anticicloni erano sinonimo di stabilità ottimismo e possibilità di progetti per il futuro (estinzione anticipata del mutuo, vacanze in polinesia, basta con la gastrite, i colleghi gli regalavano un buono per una blefaroplastica gratuita da effettuarsi in uno dei centri convenzionati), per non parlare delle schiarite sul quadrante di nord-ovest, che avevano un effetto decisamente eccitante e rivitalizzante. Il MeteoViagra, lo chiamava.
La moglie ogni sera scrutava anche lei previsioni mentre puliva il fornello, in attesa speranzosa e ansiosa delle famose schiarite sul quadrante di nord-ovest, che rompessero la perenne angoscia di un inverno sempre troppo lungo e inattivo. Ma quando era annunciata una “splendida giornata soleggiata su tutto il Piemonte” il marito non resisteva, scalpitava, lei capiva, mollava lo straccio, si precipitavano verso il talamo, si spogliavano più presto che potevano, ma non si faceva a tempo a raggiungere il letto: arrivati in camera, lui rallentava, scuoteva la testa, si riabbottonava la camicia, aggirava il letto, andava direttamente a fumare sul balcone.