Panino al PIL n.3

Il frullatore è un gran viaggio da signore

Non pensava che sarebbe finita in quel modo, in quel vicolo oscuro che sapeva di piscio e di spazzatura, in quella notte dal cielo lontano e sfilettato come un branzino, e tutta quella pioggia che cadeva bagnata e liquida, e lui accoltellato e derubato e lasciato a morire per terra come un cane, solo che i cani non portano i portafogli e quindi difficilmente li derubano, porci maledetti, e nessuno che passi e si fermi, nessuno per strada sotto la pioggia battente eh?, carogne, passasse almeno un ghisa, eh, ma è così, quando serve un vigile non c’è mai saltano fuori solo per fare le multe,  ed è proprio così che finisce, lui che si tiene le trippe mentre quelle grondano sangue che va via nella pioggia, e il suo più grande rimpianto non fu quello di non poter più  vedere la sua Nora, no, e non fu neanche il dispiacere infinito di non rivedere neanche una volta sua figlia che ormai era lontana chissà dove, e il suo più grande rimorso non era neanche quella volta che aveva picchiato suo padre ormai vecchio e indifeso, no, e neanche i lunghi anni di carcere e la gamba amputata e l’occhio di vetro e tutto quel sangue che scorreva via giù nel tombino che avrebbe potuto donarlo per le trasfusioni, no, neanche quello era il suo rimpianto più grande: il suo rimpianto più grande era un dolore cupo e sordo che aveva lì, dove finisce il cuore e comincia l’intestino tenue, era il dolore assoluto e definitivo della consapevolezza piena di non aver mai potuto contribuire in modo adeguato alla crescita del PIL.

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